Afte orali: un incendio in bocca

Come riconoscerle? Le afte orali sono piccole ulcerazioni dolorose che appaiono nella mucosa della cavità orale e generalmente hanno l’aspetto di una macchie biancastre circondate da un’areola rossa. È comune che si formino sui tessuti molli e in particolare all’interno del labbro o della guancia, sulla lingua, sul palato e più raramente, nella gola.

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Le più piccole e lievi normalmente appaiono in gruppi, iniziando a scomparire dopo una decina di giorni senza trattamento e non lasciano alcuna conseguenza. Le ulcere aftose severe sono invece meno comuni, necessitano di cure appropriate e possono lasciare cicatrici più o meno visibili.

Quali tipologie?

Non si conosce con precisione l’origine delle ulcere orali.

Possono essere provocate da lesioni, infezioni, stress, determinati alimenti, predisposizione genetica e soprattutto nelle donne, cambiamenti ormonali. Si classificano in 3 tipologie principali:

Afte primarie: l’agente scatenante si trova in bocca. Per esempio, medicine mantenute a lungo nella cavità orale, esposizione a radiazioni, antisettici orali, caramelle e gomma di masticare, sbalzi climatici, alimenti, virus e batteri.

Afte secondarie: appaiono in seguito a reazioni tossiche o allergiche, malattie del sangue o carenze vitaminiche.

Stomatite aftosa ricorrente: È associata a scompensi emozionali e ad un eccessivo stress, benché la sua causa reale sia ancora ignorata. Può apparire a qualunque età, è più frequente nelle donne e manifesta una certa predisposizione ereditaria. Richiede un trattamento specifico che molte volte risulta inefficace.

È importante inoltre saper distinguere tra semplici afte primarie e ulcere orali traumatiche provocate da frammenti dentali in brutta posizione, bordi taglienti di denti cariati, protesi deteriorate e scomposte che producono costante ulcerazione della mucosa, rischiando di causare gravi danni a lungo termine.

La diagnosi professionale

Si tratta di una patologia piuttosto diffusa che non presenta generalmente complicazioni oltre al fastidio percepito, per questo molte persone optano per lasciare che il processo segua il suo corso naturale, limitandosi ad utilizzare palliativi per alleviare il dolore. L’intervento del dentista di fiducia è tuttavia richiesto in determinati casi:

●Se le afte non scompaiono entro qualche giorno dall’applicazione di appositi farmaci;
●Se le afte non spariscono dopo 14 giorni;
●Se sono molto dolorose o particolarmente ricorrenti.
Ovviamente il trattamento dipende dalla causa e la causa deve essere investigata dallo specialista, attraverso esami approfonditi. Ci riferiamo in particolare alle afte secondarie, che per definizione derivano da patologie primarie.

Nel caso delle afte recidive, l’odontoiatra potrà prescrivere delle analisi del sangue complete per scartare anemie e un esame parassitologico delle feci, al fine di escludere parassitosi intestinali. Importantissimo è anche indagare le abitudini alimentari in quanto la presenza di afte ricorrenti potrebbe essere un chiaro segnale di celiachia.

Prevenire e alleviare il dolore

Non esiste al momento una cura definitiva per le afte, poiché possono tornare con una certa frequenza nei soggetti predisposti. Esistono tuttavia alcune precauzioni generali utili per la prevenzione come per alleviare la sensazione di dolore:

●Un’adeguata igiene orale, non aggressiva;
●Una dieta ricca di alimenti morbidi o non troppo duri da masticare, e soprattutto non troppo freddi. Anche gli alimenti piccanti o troppo caldi dovrebbero essere evitati in quanto accentuano il dolore;
●Evitare le lesioni delle mucose della bocca masticando lentamente, per non mordere l’interno di labbra e guance;
●Usare collutori con una formula appositamente studiata per alleviare il dolore.

Sistema perimplantare: il tessuto epiteliale perimplantare

Il sistema perimplantare è costituito da mucosa perimplantare, osso alveolare e dalla superficie dell’impianto.

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La gengiva, da un punto di vista istologico, sul versante orale e sulculare presenta un epitelio di rivestimento cheratinizzato che si collega all’epitelio giunzionale liscio rivolto verso la corona del dente, terminando a livello della giunzione amelo-cementizia. Il tessuto connettivo sopra alveolare ha uno spessore di circa 3-4 mm e presenta nella sua compagine diversi fasci di fibre collagene:

– fibre dentogengivali che dalla porzione sopralveolare del cemento radicolare si aprono a ventaglio entro la gengiva libera;
– fibre dentoperiostali che dalla porzione sopralveolare del cemento radicolare decorrono parallele e terminano nella gengiva aderente;
– fibre circolari che decorrono orizzontalmente circondando il colletto del dente;
– fibre transettali che connettono il cemento sopralveolare di due denti adiacenti.

Il legamento parodontale presenta invece uno spessore di 0,2-0,3 mm, e in esso si distinguono le fibre della cresta alveolare, le fibre orizzontali, oblique e apicali.

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La gengiva orale perimplantare appare clinicamente simile alla normale gengiva. Infatti, la superficie esterna della mucosa perimplantare è rivestita da epitelio orale pluristratificato e ben cheratinizzato che si collega all’epitelio sulculare, che successivamente a livello apicale diviene epitelio giunzionale: ciò rappresenta quella barriera epiteliale strettamente adesa alla superficie dell’impianto. Il tessuto epiteliale perimplantare è, fra i tessuti molli vicini all’impianto, quello più simile al corrispondente tessuto dentale. Infatti, l’epitelio giunzionale rappresenta la versione non cheratinizzata dell’epitelio buccale, così come avviene nei tessuti peri-dentali.

La barriera epiteliale, così come l’epitelio giunzionale parodontale, presenta pochi strati cellulari che si estendono per 2 mm in senso apicale. Questo epitelio giunzionale aderisce direttamente all’impianto tramite emidesmosomi. È interessante rimarcare la similitudine fra l’epitelio giunzionale dentale e quello implantare. È probabile infatti che la guarigione epiteliale sia un fenomeno indipendente della presenza dei tessuti dentari e pertanto un tentativo dell’organismo di creare una prima struttura di adesione alle conformazioni che possiedono caratteristiche sia intra che extra-corporee, come i denti e l’impianto.

Sistema perimplantare: il tessuto connettivale perimplantare

Il tessuto connettivo perimplantare, in contatto diretto con il biossido di titanio, si estende per uno spessore di 1-1,5 mm dal limite apicale della barriera epiteliale e la cresta ossea alveolare.

Al suo interno le fibre collagene originano dal periostio crestale e si estendono fino alla mucosa marginale, decorrendo parallelamente all’impianto.

Il connettivo perimplantare risulta formato da fibre collagene (70%), fibroblasti (20%), vasi sanguigni (5%) e matrice connettivale, ed è situato subito al di sotto, ossia più apicalmente, dell’epitelio giunzionale. Le fibre collagene, essendo assente il cemento radicolare, decorrono dalla cresta alveolare quasi parallelamente all’asse lungo dell’impianto.

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È possibile distinguere due vere e proprie zone connettivali con caratteristiche differenti: la zona più interna, vicina all’impianto, e una zona esterna più abbondante.

La zona più interna dell’attacco connettivale presenta caratteristiche di un tessuto connettivo cicatriziale ricco di fibre collagene, ma povero di cellule e ha uno spessore di circa 40 µm. La zona di connettivo in intimo contatto con il biossido di titanio è caratterizzata dall’assenza di strutture vascolari e fibre collagene disposte parallelamente all’asse lungo dell’impianto. Non si repertano fibre circolari che circondano l’impianto. Gli abbondanti fibroblasti appaiono interposti tra le fibre collagene, orientati con l’asse lungo parallelo alle fibre collagene e all’impianto stesso.

La porzione più esterna di tessuto connettivo è più rappresentativa (circa 160 µm) e presenta una maggior quantità di fibre collagene, mentre i fibroblasti sono meno rappresentati (circa un terzo rispetto alla zona più vicina all’impianto). A questo livello, è maggiore inoltre la componente vascolare.

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La relativa scarsità di cellule a livello dell’attacco connettivale perimplantare, rispetto al connettivo parodontale, potrebbe indicare una ridotta velocità di turnover rispetto a quello della gengiva. Infatti è stato osservato come il tessuto connettivo perimplantare presenti analogie con il tessuto cicatriziale, possedendo infatti un’elevata densità di fibre collagene, mentre cellule e strutture vascolari risultano poco rappresentate. Perciò il potenziale rigenerativo del connettivo perimplanatare è da ritenersi modesto.

La vascolarizzazione del tessuto connettivale nel parodonto umano è determinata sia da vasi che provengono dall’osso alveolare che da vasi provenienti dal legamento parodontale. Al contrario nei tessuti perimplantari la vascolarizzazione proviene dai rami terminali di vasi più grossi che decorrono nel periostio che ricopre l’osso alveolare. Al di sotto del tessuto epiteliale giunzionale sia ha, sia negli impianti che nei denti, un vero e proprio “plesso crevicolare”. Più apicalmente è invece possibile notare una differenza significativa fra impianti ed elementi dentari: se intorno al cemento radicolare è possibile osservare una vascolarizzazione ricca e abbondante, intorno agli impianti si ha invece un’area quasi del tutto priva di vascolarizzazione.