Teleradiografie del cranio

La teleradiografia del cranio è una radiografia della testa da cui è possibile estrarre un’immagine per effettuare un’analisi cefalometrica, che si realiza a partire dall’individuazione di punti, linee e piani che l’ortodontista conosce molto bene e che gli consentono di eseguire misurazioni precise delle diverse strutture del cranio. Questo consente allo specialista di avere una visione completa dello svuluppo delle ossa, della posizione che queste assumono nei tre piani dello spazio (sagittale, antero-posteriore e trasversale) e della posizione che a loro volta assumono i denti rispetto alle basi scheletriche. Tali valutazioni sono fondamentali per la diagnosi e la pianificazione di un piano di trattamento delle malocclusioni dentarie e scheletriche.

La teleradiografia del cranio non è un esame doloroso. Il paziente, dopo aver indossato un grembiule di piombo per schermare il resto del copro, viene posizionato in piedi all’interno di un apparecchiatura, craniostato, che consente di assumere una posizione corretta grazie a due prolungamenti che vanno ad inserirsi in ciascun orecchio. Lo sguardo deve essere orientato in avanti, i denti stretti e le labbra morbide.

Può essere eseguita da tre angolazioni: latero-laterale, postero-anteriore e assiale.

Teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale (L-L)
Con questa radiografia è possibile visualizzare l’intera struttura ossea cranica vista di profilo e i tessuti molli. L’ideale per una corretta esecuzione e la sua prescrizione specificando che deve essere visibile il profilo cutaneo preferibilmente con un rapporto di 1:1 (ottenendo un immagine che sia quanto più fedele alle dimensioni reali del cranio)(macchina termoformatrice).

Dalla semplice osservazione della teleradiografia L-L si possono valutare eventuali problemi di profilo, disarmonie dento-scheletriche sul piano sagittale (ad esempio un morso inverso anteriore), i rapporti tra la mascella e la mandibola. Inoltre è possibile determinare il tipo scheletrico di malocclusione, sia in senso sagittale che verticale, il limite anteriore della dentatura, rispetto ai tessuti duri e molli, e l’inclinazione dell’asse delle radici delle dentatura frontale. Questa radiografia assume un ruolo rilevante nella decisione di eseguire un trattamento ortodontico estrattivo, essendo questo fortemente influenzato dall’inclinazione della dentatura del settore frontale e dalla quantità di osso in tale sede, entrambi elementi facilmente valutabili con tale indagine ragiografica.

Teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore (P-A)
Con questa radiografia è possibile visualizzare l’intera struttura cranica frontalmente.

Ancora una volta vengono esaminati rapporti delle basi scheletriche tra loro e rispetto alle arcate dentarie. I fattori principalmente valutati sono le discrepanze delle ossa mascellare e mandibolare sul piano trasversale, le inclinazioni del piano occlusale eventualmente causate da un alterazione della posizione delle ossa, l’inclinazione dell’asse degli elementi dentari nel settore latero-posteriore.

Permette di valutare la morfologia cranica, analizzare i rapporti anatomo-scheletrici ed elementi dentari, ed evidenziare eventuali asimmetrie (prodotti odontoiatrici).

Prendersi cura delle protesi dentali

Prendersi cura in maniera adeguata delle protesi, è importante sia per la salute delle protesi che della bocca. Protesi parziali o totali rimovibili richiedono una igiene adeguata per essere esenti da macchie e durare al meglio.

Ecco quindi alcuni consigli pratici.

●Maneggiare le protesi con grande cura. Per evitare che possano accidentalmente cadere, stare in piedi sopra un asciugamano piegato o un lavandino pieno d’acqua durante la manipolazione delle protesi.
●Pulire e risciacquare. Come i denti naturali, le protesi devono essere spazzolate tutti i giorni per rimuovere il cibo e la placca. Spazzolare aiuta anche a prevenire lo sviluppo di macchie permanenti . Utilizzare uno spazzolino con setole morbide che è specificamente progettato per pulizia delle protesi dentarie. Evitare di utilizzare setole troppo dure, in quanto potrebbero danneggiare o logorare la protesi. Spazzolare delicatamente tutte le superfici e fare attenzione a non danneggiare la plastica. E’ fondamentale, sciacquare la dentiera dopo ogni pasto.
●Pulire con un detergente specifico per dentiere. Il sapone per le mani o il detersivo per piatti delicato può essere usato per la pulizia delle protesi dentarie. Tuttavia, detergenti per la casa e molti dentifrici possono essere troppo abrasivi e non devono essere utilizzati. Quindi si consiglia di utilizzare solo prodotti specifici per dentiere.Inoltre, evitare l’uso di candeggina, in quanto ciò potrebbe imbiancare la parte rosa della protesi. Pulitori ad ultrasuoni possono essere usati con tranquillità. L’uso di un pulitore ultrasonico, tuttavia, non sostituisce una spazzolatura quotidiana approfondita.
●Tenere pulita la protesi quando non viene indossata. Le protesi dentiali hanno bisogno di essere mantenute umide quando non vengono indossate, in modo che non perdano la loro formano o si secchino Quando la dentiera non viene indossata, dovrebbe essere collocata in una soluzione detergente. Tuttavia, se la protesi ha accessori in metallo, questi potrebbero rovinarsi. E’ bene ricordare, che le protesi non devono mai essere messe in acqua calda, in quanto questo può causare una deformazione e quindi non essere più adatte all’utilizzo (motore endodontico).

Si può regolare o riparare una protesi?
Uno o più appuntamenti di follow-up sono generalmente necessari subito dopo aver ricevuto una protesi. Non tentare mai di modificare o riparare le dentiere da soli. Non piegare qualsiasi parte in metallo, perchè così facendo si può indebolire la struttura metallica. Ultimamente vendono kit di autoriparazione protesi, ma se ne sconsiglia vivamente l’utilizzo, in quanto potrebbero contenere prodotti tossici che se usati in maniera non corretta creano solo problemi.
Dentiere che non si adattano correttamente possono causare irritazioni e piaghe. Assicursi di contattare il proprio dentista se una protesi si rompe, o si deforma. Spesso,può apportare i necessari adeguamenti o ripararla lo stesso giorno senza troppi problemi. Per alcune riparazioni complicate, la protesi può essere inviaao ad un laboratorio odontotecnico.

Le protesi devono essere sostituite?
Nel corso del tempo, le protesi dentali devono essere rifatte a causa della normale usura, cambiamenti legati all’età, cambiamenti delle ossa mascellari, gengive, etc. Tuttavia, in generale, le protesi totali dovrebbero essere usate per 5-7 anni senza problemi, anche se ovviamente questi tempi possono essere maggiori o minori a seconda dei singoli casi (Articolatori dentali).

Vantaggi clinici del carico immediato

La possibilità di applicare una protesi il giorno stesso dell’inserimento implantare, attraverso il carico immediato, presenta molteplici vantaggi.

L’opportunità di avere un provvisorio fisso è ovviamente ben accetta e auspicata dai pazienti, permettendo di avere il minimo disagio durante la fase transizionale e di attesa prima del completamento della riabiltazione implanto-protesica. Spesso è proprio questa modalità che spinge il paziente ad affrontare la terapia implantare, che viceversa tenderebbe a rimandare.

badtooth_img_05

Ma anche per il clinico la gestione della terapia si semplifica sotto vari aspetti psicologici per la maggior compliance dei pazienti, meno ansiosi di concludere il loro percorso riabilitativo, ma soprattutto la maggiore facilità della gestione del provvisorio rispetto a una soluzione rimovibile che richiede una continua manutenzione per assicurare stabilità ed evitare aree di carico indiretto e soprattutto incontrollato sugli impianti in via di guarigione.
Diversi autori hanno descritto insuccessi in relazione all’applicazione di protesi ad appoggio mucoso al di sopra di impianti appena inseriti. Il protocollo, in questi casi, prevederebbe che tali protesi non vengano fatte usare al paziente per i primi 15 giorni dopo la chirurgia e successivamente vengano scartate e ribasate con resine resilienti per minimizzare appunto il carico indiretto sugli impianti.

Tutto questo oltre, al disagio per il paziente precedentemente descritto, comporta un enorme sforzo da parte del professionista per la gestione e il continuo adattamento di questo tipo di provvisorio. Al contrario un provvisorio fisso sugli impianti appena inseriti permette tra l’altro di ottenere una guarigione dei tessuti molli guidata dal provvisorio stesso e quindi arrivare al momento dell’impronta definitiva con una maggiore modellazione e definizione dei profili e delle parabole gengivali.

Nell’ambito della gestione della terapia implantare, il carico immediato ha sicuramente rappresentato una rivoluzione che ci permette oggi la sostituzione di uno o più elementi dentali con impianti e provvisorio nella stessa seduta, un’opportunità impensabile fino a pochi anni fa.
Presupposti
Affinché si possa ricorrere in maniera predicibile alla tecnica del carico immediato, si devono realizzare determinati presupposti e quindi si devono seguire determinati e specifici protocolli sia per quanto riguarda la fase chirurgica di inserimento degli impianti sia per le modalità di realizzazione della protesi.

20161118152624

La condizione fondamentale affichè un impianto possa essere sottoposto a carico protesico immediatamente dopo il suo inserimento è che si raggiunga un torque di inserimento dell’impianto stesso maggiore di 35 ncm.

Il torque d’inserzione è la forza necessaria per avvitare l’impianto nell’osso e descrive quindi il grado di stabilità iniziale dell’impianto. Può essere misurato sia attraverso il physiodispenser sia attraverso apposite chiavi dinamometriche in grado di misurare, man mano che l’impianto viene inserito, la forza applicata.

Questo parametro è fondamentale in quanto consente di mantenere una sufficiente stabilità dell’impianto sottocarico anche durante le prime fasi di guarigione, prima che si ottenga la stabilità secondaria, fase durante le quali il rimodellamento osseo comporta una riduzione della superficie di contatto tra osso e impianto.

Per quanto concerne la realizzazione protesica, la condizione fondamentale è che il carico masticatorio venga ben distribuito su tutti gli impianti e che, quindi, questi siano uniti tra loro in maniera rigida. Lo splintaggio rigido degli impianti aiuta a sostenere il carico protesico e a distribuirlo equamente su tutti gi impianti inseriti.

Sistema perimplantare: il tessuto epiteliale perimplantare

Il sistema perimplantare è costituito da mucosa perimplantare, osso alveolare e dalla superficie dell’impianto.

555

La gengiva, da un punto di vista istologico, sul versante orale e sulculare presenta un epitelio di rivestimento cheratinizzato che si collega all’epitelio giunzionale liscio rivolto verso la corona del dente, terminando a livello della giunzione amelo-cementizia. Il tessuto connettivo sopra alveolare ha uno spessore di circa 3-4 mm e presenta nella sua compagine diversi fasci di fibre collagene:

– fibre dentogengivali che dalla porzione sopralveolare del cemento radicolare si aprono a ventaglio entro la gengiva libera;
– fibre dentoperiostali che dalla porzione sopralveolare del cemento radicolare decorrono parallele e terminano nella gengiva aderente;
– fibre circolari che decorrono orizzontalmente circondando il colletto del dente;
– fibre transettali che connettono il cemento sopralveolare di due denti adiacenti.

Il legamento parodontale presenta invece uno spessore di 0,2-0,3 mm, e in esso si distinguono le fibre della cresta alveolare, le fibre orizzontali, oblique e apicali.

20161212153800

La gengiva orale perimplantare appare clinicamente simile alla normale gengiva. Infatti, la superficie esterna della mucosa perimplantare è rivestita da epitelio orale pluristratificato e ben cheratinizzato che si collega all’epitelio sulculare, che successivamente a livello apicale diviene epitelio giunzionale: ciò rappresenta quella barriera epiteliale strettamente adesa alla superficie dell’impianto. Il tessuto epiteliale perimplantare è, fra i tessuti molli vicini all’impianto, quello più simile al corrispondente tessuto dentale. Infatti, l’epitelio giunzionale rappresenta la versione non cheratinizzata dell’epitelio buccale, così come avviene nei tessuti peri-dentali.

La barriera epiteliale, così come l’epitelio giunzionale parodontale, presenta pochi strati cellulari che si estendono per 2 mm in senso apicale. Questo epitelio giunzionale aderisce direttamente all’impianto tramite emidesmosomi. È interessante rimarcare la similitudine fra l’epitelio giunzionale dentale e quello implantare. È probabile infatti che la guarigione epiteliale sia un fenomeno indipendente della presenza dei tessuti dentari e pertanto un tentativo dell’organismo di creare una prima struttura di adesione alle conformazioni che possiedono caratteristiche sia intra che extra-corporee, come i denti e l’impianto.

Sistema perimplantare: il tessuto connettivale perimplantare

Il tessuto connettivo perimplantare, in contatto diretto con il biossido di titanio, si estende per uno spessore di 1-1,5 mm dal limite apicale della barriera epiteliale e la cresta ossea alveolare.

Al suo interno le fibre collagene originano dal periostio crestale e si estendono fino alla mucosa marginale, decorrendo parallelamente all’impianto.

Il connettivo perimplantare risulta formato da fibre collagene (70%), fibroblasti (20%), vasi sanguigni (5%) e matrice connettivale, ed è situato subito al di sotto, ossia più apicalmente, dell’epitelio giunzionale. Le fibre collagene, essendo assente il cemento radicolare, decorrono dalla cresta alveolare quasi parallelamente all’asse lungo dell’impianto.

20170106161306

È possibile distinguere due vere e proprie zone connettivali con caratteristiche differenti: la zona più interna, vicina all’impianto, e una zona esterna più abbondante.

La zona più interna dell’attacco connettivale presenta caratteristiche di un tessuto connettivo cicatriziale ricco di fibre collagene, ma povero di cellule e ha uno spessore di circa 40 µm. La zona di connettivo in intimo contatto con il biossido di titanio è caratterizzata dall’assenza di strutture vascolari e fibre collagene disposte parallelamente all’asse lungo dell’impianto. Non si repertano fibre circolari che circondano l’impianto. Gli abbondanti fibroblasti appaiono interposti tra le fibre collagene, orientati con l’asse lungo parallelo alle fibre collagene e all’impianto stesso.

La porzione più esterna di tessuto connettivo è più rappresentativa (circa 160 µm) e presenta una maggior quantità di fibre collagene, mentre i fibroblasti sono meno rappresentati (circa un terzo rispetto alla zona più vicina all’impianto). A questo livello, è maggiore inoltre la componente vascolare.

20161118152624

La relativa scarsità di cellule a livello dell’attacco connettivale perimplantare, rispetto al connettivo parodontale, potrebbe indicare una ridotta velocità di turnover rispetto a quello della gengiva. Infatti è stato osservato come il tessuto connettivo perimplantare presenti analogie con il tessuto cicatriziale, possedendo infatti un’elevata densità di fibre collagene, mentre cellule e strutture vascolari risultano poco rappresentate. Perciò il potenziale rigenerativo del connettivo perimplanatare è da ritenersi modesto.

La vascolarizzazione del tessuto connettivale nel parodonto umano è determinata sia da vasi che provengono dall’osso alveolare che da vasi provenienti dal legamento parodontale. Al contrario nei tessuti perimplantari la vascolarizzazione proviene dai rami terminali di vasi più grossi che decorrono nel periostio che ricopre l’osso alveolare. Al di sotto del tessuto epiteliale giunzionale sia ha, sia negli impianti che nei denti, un vero e proprio “plesso crevicolare”. Più apicalmente è invece possibile notare una differenza significativa fra impianti ed elementi dentari: se intorno al cemento radicolare è possibile osservare una vascolarizzazione ricca e abbondante, intorno agli impianti si ha invece un’area quasi del tutto priva di vascolarizzazione.