Pulpotomia dell’elemento deciduo

La pulpotomia consiste nell’asportazione completa del tessuto pulpare camerale, in caso di esposizione accidentale del tessuto vitale a seguito di traumi, esposizioni iatrogene o carie, in un elemento dentario asintomatico.
L’obiettivo del trattamento è quello di preservare la polpa radicolare in modo da garantire la fisiologica rizolisi. L’anamnesi deve escludere dolore spontaneo, sensibilità alla percussione o alla palpazione, con risposta positiva ai test di vitalità.
La pulpotomia è controindicata in presenza di gonfiore, fistola, mobilita patologica, riassorbimenti interni a carico delle radici, calcificazioni pulpari o eccessivo sanguinamento dalla polpa radicolare (segno di infiammazione pulpare). L’aspetto clinico indicativo dell’assenza di infiammazione pulpare e l’arresto del sanguinamento del tessuto ancora presente all’interno dei canali radicolari.

Prima di eseguire una pulpotomia è indispensabile una radiografia endorale periapicale preoperatoria, l’anestesia ed il corretto isolamento del campo operatorio.
Dopo aver eliminato tutto il tessuto cariato, si procede all’apertura della camera pulpare con una fresa diamantata montata su manipolo turbina, sotto abbondante irrigazione, o tramite un escavatore manuale tagliente. È da evitare il surriscaldamento della la polpa radicolare.

Una volta completata la rimozione di tutto il tessuto camerale con strumenti manuali e/o rotanti a bassa/bassissima velocità, si tampona la cavità con pellets di cotone inumiditi con soluzione fisiologica sterile e si crea una emostasi della polpa radicolare utilizzando prodotti a base di solfato ferrico.
La ricostruzione dell’elemento dentario con materiale provvisorio è preceduta dal posizionamento in cavità di un materiale biocompatibile tale da garantire l’integrità della polpa radicolare senza interferire con il fisiologico processo di rizolisi.

A tale scopo, un materiale di utilizzo e l’idrossido di calcio, composto privo di tossicità sistemica e locale, che, grazie al pH basico, è in grado di neutralizzare l’acido lattico prodotto dagli osteoclasti, prevenendo così la dissoluzione della componente minerale della dentina. L’idrossido di calcio può, inoltre, attivare la fosfatasi alcalina, enzima che svolge un ruolo fondamentale nella formazione del tessuto duro dentale. I dati scientifici, tuttavia, non hanno ancora chiarito se l’uso di tale composto nella terapia degli elementi decidui possa portare a riassorbimenti interni. L’idrossido di calcio dovrebbe, comunque, essere applicato su tessuto pulpare nel quale sia stata raggiunta una buona emostasi; questa evenienza, tuttavia, è spesso difficile da ottenere durante l’intervento.

Risultati soddisfacenti sono stati ottenuti anche con il Mineral Trioxide Aggregate (MTA) .
Si tratta di un composto di silicato tricalcico, allumino tricalcico, ossido tricalcico ed ossido silicato che inizia a solidificare nelle strutture dure in meno di tre ore favorendo la formazione di tessuto duro e promuovendo una rapida crescita cellulare, così come visto in vitro. Il materiale va posto direttamente sulla polpa radicolare e ricoperto con un pellett di cotone inumidito che ne favorisce l’indurimento; si crea a questo punto un’emostasi del tessuto pulpare. L’elemento dentario, viene quindi, ricostruito con materiale provvisorio. A distanza di una settimana, l’otturazione provvisoria ed il pellet di cotone vanno rimossi: se il materiale avrà assunto una consistenza dura, potrà essere effettuata la ricostruzione definitiva.

Comparato all’idrossido di calcio, il MTA ha dimostrato una maggiore capacità nel mantenere l’integrità del tessuto pulpare. L’analisi istologica nei tessuti pulpari animali e umani dimostra una minore risposta infiammatoria, minore iperemia e minore necrosi pulpari rispetto all’idrossido di calcio. Il MTA ha effetto antibatterico su qualche batterio facoltativo ma non un effetto specifico contro i batteri anaerobi; è dotato di grande efficacia nel ridurre la penetrazione dei microrganismi, è biocompatibile ma anche bioinduttivo.

In alternativa al MTA, è stato proposto il cemento di Portland. Dal punto di vista chimico differisce per l’assenza di ioni bismuto e la presenza di ioni potassio; è simile per attività antibatterica e proprietà macroscopiche ed ha il vantaggio di bassi costi. Tuttavia, i dati scientifici sono attualmente insufficienti, sebbene molto incoraggianti, per considerare il cemento di Portland un materiale di largo uso nella pratica clinica.
Una volta eseguita la pulpotomia dell’elemento deciduo, se all’esame obiettivo, effettuato a distanza di una settimana, il dente non presenta segni o sintomi di infiammazione è possibile la ricostruzione definitiva con un materiale composito o cementi vetroionomerici (contrangolo odontoiatrico).

Una corretta diagnosi dello stato della polpa del dente deciduo risulta essenziale per definire la terapia più indicata.
L’anamnesi deve escludere dolore spontaneo, sensibilità alla percussione o alla palpazione, pregressi processi ascessuali. L’elemento dentario deve essere vitale.
Prima di eseguire una pulpotomia è sempre indispensabile eseguire una radiografia endorale periapicale preoperatoria per valutare il grado di compromissione pulpare, la presenza di possibili lesioni periapicali, il grado di rizolisi e l’eventuale interessamentodei corrispettivi elementi permanenti da parte di processi flogistici.
È necessario eseguire anestesia locale plessica o tronculare, con o senza adrenalina, a seconda delle condizioni di salute generale del paziente.

Durante le procedure operative, il corretto isolamento del campo operatorio, riduce l’inquinamento batterico e protegge i tessuti molli da possibili eventi traumatici.
La rimozione completa del tessuto dentale cariato deve precedere l’apertura della camera pulpare, per evitare la contaminazione batterica.
Durante le procedure operative, atte a rimuovere la polpa camerale, è importante l’utilizzo di abbondante irrigazione per evitare di lesionare o surriscaldare la polpa radicolare.

A livello degli imbocchi radicolari, l’eventuale sanguinamento deve interrompersi spontaneamente entro un massimo di quattro minuti; quindi si può posizionare il materiale di scelta, realizzare un restauro provvisorio ed eseguire il controllo radiografico.
Il restauro definitivo va eseguito dopo una settimana minimo, in assenza di segni e/o sintomi di infiammazione pulpare (prodotti odontoiatrici).

L’anestesia al centro della relazione tra dentista e paziente

Un dentista che effettua iniezioni indolori conquista la piena fiducia dei propri pazienti, perché, per quanto possa sembrare frustrante, il dolore, o piuttosto la sua mancanza, è tuttora, e sarà sempre, uno dei criteri più importanti in base ai quali viene giudicato un dentista. È assodato che un paziente possa avere paura di sottoporsi a un intervento di chirurgia dentale e, ancor di più, all’iniezione di un anestetico. L’apprensione può talvolta essere causa del rinvio di un appuntamento o persino della sua disdetta. Dal momento che è in gioco il successo dello studio dentistico, il dentista non può che tenere conto di quest’ansia. Per poter instaurare fiducia e lavorare in un’atmosfera tranquilla, il dentista dovrà creare un ambiente confortevole ed efficiente, che gli consenta di prendersi cura dei propri pazienti in maniera adeguata. A questo proposito, dovrà fare particolare affidamento sui materiali ed i prodotti migliori.

La fiducia professionale nei prodotti Septodont
Usare anestetici Septodont significa optare sin dall’inizio per la qualità offerta dal leader mondiale nell’anestesia dentale. Il gruppo si è guadagnato la fiducia delle autorità sanitarie e dei dentisti su scala globale, confermato dal fatto che la società produce e vende ogni anno più di 500 milioni di tubofiale di anestetico. Septanest, il prodotto di punta della gamma, viene iniettato 4 volte al secondo dai dentisti in tutto il mondo.

Un anestetico locale con molti punti di forza
Un dentista che ha a cuore gli interessi dei pazienti sceglie di usare un anestetico locale privo di lattice, per evitare eventuali reazioni allergiche, sia lievi che gravi, trattando i propri pazienti con fiducia. Gli studi più recenti dimostrano effettivamente che l’1-6% della popolazione può essere sensibile al lattice. Come società responsabile che si preoccupa dell’uso clinico dei suoi prodotti, Septodont ha fatto in modo di eliminare qualsiasi contatto con il lattice naturale, non solo per i materiali iniettabili, ma anche per l’intero processo di produzione delle tubofiale. Il gruppo usa solo materiali sintetici. Con il medesimo obiettivo, le sue tubofiale non contengono paraben. Grazie alla natura monouso del prodotto e alla confezione sigillata, l’aggiunta di questo agente antimicrobico non è infatti necessaria. Il fatto che la sterilizzazione sia lo stadio finale del processo di produzione è altrettanto importante. Questo metodo viene ritenuto il “gold standard” dalle autorità sanitarie e garantisce che venga ottenuto il massimo livello di sterilità. La sterilizzazione finale viene effettuata dopo il riempimento e la sigillatura della tubofiala, a differenza del metodo di riempimento asettico.

Tutto il necessario per somministrare un anestetico con successo
Per infondere fiducia nel paziente, sono importanti tutti i dettagli dell’anestesia. Ognuno di essi contribuisce a rendere l’operazione una procedura di alta qualità, evitando pertanto esperienze negative per il paziente nel momento stesso in cui si instaura la fiducia nel dentista. Le cause del dolore durante la somministrazione di un anestetico sono molteplici, ma la velocità e l’uniformità dell’iniezione sono essenziali. Pertanto, si raccomanda di non superare la velocità di iniezione di un millilitro al minuto e di eseguire l’iniezione nel modo più uniforme possibile. In questa ottica, i team di Septodont cercano di ridurre al minimo la resistenza all’avanzamento del pistone all’interno della tubofiala e di produrre un flusso regolare di anestetico facendo particolare attenzione alla siliconatura. Il silicone viene distribuito omogeneamente all’interno del cilindro e per l’intera lunghezza della tubofiala prima che questa venga riempita. Il silicone, riscaldato a più di 300 gradi, riveste la superficie di vetro e facilita l’iniezione. Inoltre, la confezione blister che avvolge la cartuccia protegge quest’ultima dall’ambiente esterno il più a lungo possibile. Un anestetico non è mai una questione banale, né per il dentista né per il paziente (Sistema di anestesia).

Esperienza assoluta nell’anestesia
Septodont, con la sua gamma completa di prodotti per anestesia, offre un profilo esclusivo a livello internazionale. Il gruppo vanta esperienza in ogni aspetto della procedura anestetica. Offre ai professionisti tutto quello di cui hanno bisogno. La sua gamma di prodotti per anestesia rappresenta attualmente il 75% del suo fatturato. La società ha esteso la sua esperienza alla produzione di aghi, la cui qualità è essenziale nell’ambito della procedura di anestesia. A questo scopo, la sua divisione nel sud della Francia sviluppa, produce e vende aghi dentali. Septodont, con i suoi marchi di punta Septoject e Septoject XL, offre la gamma più ampia disponibile al mondo. Septoject XL possiede una caratteristica particolare: un diametro interno maggiore, questo significa che durante l’iniezione è sufficiente esercitare una pressione inferiore. Septoject Evolution rappresenta l’innovazione più recente ed esclusiva in termini di strumentazione. L’ago brevettato possiede un bisello a forma di bisturi, altamente efficace e in grado di penetrare il tessuto tagliandolo invece di lacerarlo. Septoject Evolution consente pertanto un inserimento dell’ago agevole, più controllato e preciso.
Seguendo gli stessi principi, Septodont ha sviluppato i dispositivi di iniezione sicura, Ultra Safety Plus, che offrono una protezione effettiva contro le lesioni da puntura d’ago per l’operatore ed i suoi collaboratori. E’ stata recentemente emanata una nuova legislazione a livello europeo. La Direttiva europea del 2010, deve essere recepita a livello locale da ogni stato membro e proibisce la pratica di re-incappucciamento dell’ago. Il sistema Ultra Safety Plus adotta una guaina protettiva trasparente che rappresenta ora lo standard di sicurezza. Septodont è impegnata dal 1991 nello sviluppo di un sistema volto ad evitare il rischio di incidenti durante la manipolazione di aghi contaminati. Infine, la gamma di prodotti per l’anestesia dentale prevede anche siringhe ed anestetici locali da usare per desensibilizzare il tessuto prima dell’iniezione (Strumenti dentista).

Ampiezza biologica: attacco epiteliale e connettivale

L’ampiezza biologica è costituita dalle dimensioni del tessuti molli al di sopra del tessuto alveolare. È definita biologica in quanto in media non varia nei pazienti in salute e in malattia.

Nei tessuti peridentali l’ampiezza biologica è di circa 3-4 mm. Questa misura riveste un’importanza capitale nella programmazione protesico-conservativa, in quanto ogni violazione di questa ampiezza biologica o distanza (per es. margini protesici eccessivamente apicali) può determinare la formazione di tasche parodontali e perdita di attacco, nel tentativo biologico di ristabilire questa distanza fra osso e livello apicale dell’epitelio giunzionale (riunito dentisti).

L’interfaccia tra la superficie implantare e la mucosa comprende quindi due porzioni fra loro in continuità: l’epitelio giunzionale marginale, che occupa circa 2 mm in senso apico-coronale, e la zona di attacco connettivale che occupa 1-1,5 mm Questa zona è la cosiddetta dimensione biologica dell’impianto. In pratica, a seguito dell’inserzione implantare con lo stabilirsi dei tessuti molli perimplantari si avrà una distanza fra osso alveolare e margine orale dei tessuti molli pari a circa 3-3,5 mm.
Questa distanza è definita dimensione biologica in quanto laddove non si abbia tessuto molle a sufficienza per garantire uno spessore di circa 3 mm, si produrranno fenomeni di riassorbimento osseo tendenti a riprodurre questa misura. Si ritiene pertanto che questa dimensione biologica sia fisiologicamente necessaria al fine di avere una corretta e ottimale osteointegrazione (riunito dentisti).

Estrazione dei denti del giudizio inferiori: possibili conseguenze

Estrazione dei denti del giudizio inferiori: possibili conseguenze

Vorrei gentilmente chiedere (in materia ho zero conoscenze) se è mai accaduto che dopo l’estrazione di un dente del giudizio inferiore possa verificarsi una setticemia o una brutta infezione, addirittura pericolosa.

La maggior parte delle risposte che do in questa rubrica discendono da una lunga e diretta esperienza sul campo. In questo caso invece, per fortuna, non posso citare alcuna esperienza in merito mentre debbo risponderle riportandole la letteratura scientifica che afferma come, in rari casi, sia possibile che in occasione di estrazioni dei denti del giudizio inferiori, senza adeguata copertura antibiotica, possano evidenziarsi i gravi effetti che Lei ha descritto. Aggiungo che scrivere “in occasione” e non “in conseguenza” non sia casuale perché è l’infezione dell’osso circostante il dente del giudizio a determinare l’evento, non tanto l’estrazione. Se ne impara che non bisogna mai sottovalutare sia i denti del giudizio sia la terapia antibiotica che deve essere assunta per tutto il periodo prescritto (Lampada scialitica odontoiatrico).

Denti da latte insieme a quelli permanenti

Fin da bambina a mia figlia spuntavano i denti permanenti prima ancora che cadessero quelli da latte, così che aveva quasi un doppio strato di denti. Poi col tempo sono caduti quelli da latte e ora a 16 anni è ancora rimasto un molare da latte dietro a quello nuovo. Non le da fastidio, non ha nessun problema: è da estrarre? Cadrà da solo?

Ci vorrebbe la sfera di cristallo per darle una risposta utile, o almeno sensata, senza effettuare una visita. Diciamo che, di massima, la presenza di denti aberranti porta a lesioni di tipo parodontale anche se, apparentemente, non danno fastidio, e che quindi vadano estratti; nel suo caso certamente la situazione va comunque valutata da punto di vista radiografico (air prophy jet).

La sterilizzazione degli strumenti

E’ di estrema importanza la sterilizzazione degli strumenti utilizzati, per eliminare ogni batterio presente. Nello studio la disinfezione deve essre accurata e scrupolosa.

Di sicuro non è sempre possibile rimuovere completamente i batteri dalle apparecchiature odontoiatriche: lo sostiene il curatore del blog teethremoval citando innanzitutto una serie di articoli comparsi su diverse testate in questi ultimi anni, che hanno dato notizia di infezioni contratte da pazienti che erano stati sottoposti a trattamenti di odontoiatria o di chirurgia orale. In genere l’infezione può essere ricondotta alla mancata applicazione da parte degli operatori odontoiatrici di adeguati protocolli di disinfezione e sterilizzazione degli strumenti utilizzati (autoclave tattoo).

Tuttavia, anche quando vengono prese tutte le precauzioni consigliate, potrebbe in casi rari verificarsi un’infezione, come suggerisce uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Water Research. Condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Poitiers (in Francia) coordinato da Damien Costa, la sperimentazione mostra che i disinfettanti raccomandati dalle aziende, che trattano le linee d’acqua del riunito odontoiatrico, in realtà non rimuovono tutti i batteri. Il riunito è una apparecchiatura complessa composta da componenti meccanici, circuiti elettrici e parti pneumatiche e rappresenta un sistema critico per il controllo delle infezioni. Nello studio, i ricercatori hanno analizzato tre disinfettanti, normalmente utilizzati dai dentisti europei per evitare la colonizzazione batterica delle linee d’acqua dentali, rilevandone purtroppo un’efficacia solo parziale.

Il fattore più preoccupante è che nessuno dei disinfettanti testati è stato in grado di uccidere le amebe (Vermamoeba vermiformis), ciò vuol dire che esiste un pericolo per pazienti e dentisti anche dopo che le linee d’acqua sono state sterilizzate”.

Potrebbe essere importante e utile costituire un valido ausilio nella prevenzione della formazione di biofilm.

E’ essenziale prima di tutto utilizzare acqua di buona qualità e che non sia già contaminata; in secondo luogo applicare comunque un disinfettante e infine evitare la stagnazione dell’acqua nelle apparecchiature.

Si raccomanda comunque di seguire scrupolosamente i protocolli di manutenzione dei riuniti, che prevedono ben precise operazioni dopo ciascun paziente, all’inizio e alla fine della giornata (Termosigillatrice millseal).

Ricerca odontoiatrica /carie radicolare

Negli adulti l’incidenza della carie sembra essere sempre più alta. Una problematica che gli odontoiatri stanno tenendo sotto controllo.

La carie per i costi individuali e sociali, incide sul progresso, e preoccupa le autorità sanitarie nazionali e internazionali.

La localizzazione delle lesioni cariose nelle popolazioni adulte dell’età sopra menzionata è, frequentemente, sulle superfici radicolari; spesso con un interessamento dello spazio tra dente e gengiva.

Intercettare questi processi cariosi è talvolta difficile; la rapidità dell’evoluzione porta, nei casi più fausti, allo sviluppo di una lesione che coinvolge la polpa dentale, mentre nei casi più critici può determinare anche la frattura dell’elemento dentale (termoformatrice odontotecnico).

La patologia cariosa ha attirato l’attenzione di alcuni ricercatori irlandesi (Risk indicators associated with root caries in independently living older adults, Martina Hayes et al, Journal of Dentistry, 8-14, Agosto 2016) che hanno voluto determinare i fattori di rischio maggiormente associati allo sviluppo di carie della radice dentale.

Uno studio condotto su 334 adulti di età media vicina ai settant’anni si sono verificati: il numero di carie radicolari presenti, l’indice di placca, il flusso salivare, i denti con precedenti lesioni cariose già restaurate e le superfici radicolari esposte.

Risulta rilevante la carie presente negli adulti sottoposti al test (valore mediano 3,13 per soggetto), mentre tra i fattori di rischio, la precedente esperienza di carie e l’esposizione delle superfici radicolari, hanno ovviamente occupato un posto di rilievo.

Il fattore determinante della prevalenza della carie è stato quello della xerostomia, derivante in particolar modo all’uso di farmaci negli adulti.

La scarsa salivazione, in aggiunta ad un controllo della placca batterica latente, favorisce l’insorgenza negli adulti delle carie dentale.

A causa anche dei ritrattamenti gengivali e quindi di maggior rischio carie, fanno si che i livelli di prevenzione pongono l’odontostomatologo a intraprendere quando lo ritiene opportuno il mantenimento della salute dento-parodontale nei pazienti over 60 (UDS-K Ablatore ultrasuoni).

La tomografia computerizzata (TC)

Le tecniche ricostruttive impieganti raggi X comprendono fondamentalmente la tomografia computerizzata (TC), oggi presente in diverse forme.

La tomografia computerizzata o TC è un sistema di acquisizione digitale diretta dei dati di assorbimento dei raggi X da parte del corpo umano. Essa si basa sulla rotazione di un tubo radiogeno e quindi di un fascio di raggi attorno al paziente e sulla contemporanea misura dell’intensità della radiazione che ha attraversato il corpo, ottenuta da un insieme di sensori.


In questa tecnica non viene quindi prodotta in nessun modo un’immagine radiografica diretta o proiettiva, ma quello che noi vediamo sul monitor o nelle stampe è il risultato della ricostruzione delle densità radiografiche eseguita dal computer dell’apparecchio. Complessi programmi basati su algoritmi di matematica superiore permettono, partendo dai dati di intensità dei raggi X che hanno attraversato il paziente, di ricostruire la mappa della distribuzione delle densità radiografiche all’interno del piano esaminato.

Questa mappa è costituita, come ogni immagine digitale, da un insieme di celle elementari di informazione numerica denominate voxel (da volume element): rappresentate sotto forma di scala di grigi esse costitutiscono l’immagine TC finale. Poichè le gradazioni di intensità che vengono analizzate e registrate dall’apparecchio sono molte di più delle sfumature di grigi che possono essere individuate dall’occhio umano, diviene necessario delimitare, per ogni immagine TC, l’ampiezza dell’intervallo di densità rappresentato come variazione proporzionale della scala di grigi.

L’intervallo che viene rappresentato correttamente e risulta leggibile in una data immagine è detto finestra TC: questa è caratterizzata dalla sua posizione nella scala delle densità e dalla sua ampiezza. Risulta evidente che quanto più stretta è la finestra, e quindi è più limitato l’intervallo di densità rappresentato, tanto maggiore sarà il contrasto dell’immagine, e viceversa (riunito odontoiatrico).

Inoltre, a seconda della posizione della finestra, l’operatore potrà scegliere le densità e quindi il tipo di strutture visualizzate correttamente nell’immagine.
Ad esempio, per osservare le formazioni maggiormente radiopache, come l’osso e il dente, sarà necessario impiegare una finestra centrata sulle densità maggiori. Al contrario, tessuti e aree più radiotrasparenti, come le parti molli, il grasso o il polmone, richiedono l’impiego di finestre centrate sulla porzione meno intensa della scala delle densità.

Tutte queste operazioni sono rese più semplici dal fatto che il computer della TC assegna a ciascuna cella elementare dell’immagine o voxel un valore numerico che ne individua la densità radiografica. Questi numeri corrispondono a una scala di radiopacità che prende il nome di HU da Hounsfield Units (G.N. Hounsfield è stato uno dei due inventori della TC e premio Nobel).

In questa scala viene posta uguale a zero la densità radiografica dell’acqua pura: valori negativi corrispondono a zone più radiotrasparenti (grasso, aria), mentre valori positivi sono attribuiti alle formazioni più radiopache, con una scala numerica via via crescente dai parenchimi all’osso trabecolare e corticale fino al metallo.

Le indagini TC eseguite ai fini implantari sono principalmente dirette allo studio di formazioni ossee e vengono quindi di norma visualizzate con finestre centrate sulla densità dell’osso (da 300 a 800 HU circa). Va però sottolineato che la scelta della finestra TC non è mai univoca e irreversibile, almeno fino a quando il file contenente i dati dell’esame è presente nel computer dell’apparecchio.

La scelta della finestra è un’operazione di post-processing informatico che può essere modificata sul computer in ogni momento senza dover per questo riesaminare il paziente.

Stomatiti : sintomi, cure e cause

Stomatite, è un termine generico per indicare una bocca infiammata e dolente, che può compromettere la capacità di una persona di mangiare, parlare e dormire . La stomatite può verificarsi ovunque all’interno della bocca, compreso l’interno delle guance, gengive, lingua , labbra e palato.

Tipi di stomatite

I tipi di stomatite includono:

●Dolore da afte: Le afte, note anche come ulcere aftose, di solito appaiono nelle guance, della lingua o all’interno del labbro.
●Herpes labiale : Sono piaghe piene di liquido che si verificano su o intorno alle labbra. Raramente si formano sulle gengive o sil tetto della bocca. L’herpes labiale forma una crosta ed è di solito associata con formicolio o bruciore prima che compaiano le piaghe.
●Irritazioni della bocca per varie cause.

L’irritazione può essere causata da:

●Mordersi la guancia, lingua o un labbro.
●Avere un apparecchio dentale, o un dente rotto.
●Utilizzo di tabacco da masticare.
●Bruciarsi la bocca ingerendo bevande o cibi troppo caldi
●Avere malattie gengivali (gengivite) o altro tipo di infezionei.
●Avere ipersensibilità a certe cose, come i cibi o farmaci.
●Avere alcune malattie autoimmuni che colpiscono la mucosa della bocca, come il lupus, malattia di Crohn, o malattia di Behcet .
●Assunzione di alcuni farmaci come la chemioterapia, antibiotici, farmaci utilizzati per l’artrite reumatoide , o l’epilessia.
●Radiazioni come parte del trattamento del cancro.

Sintomi della stomatite

Afte :

●Possono essere dolorose
●Di solito durano da 5 a 10 giorni
●Tendono a tornare
●Sono generalmente non associate a febbre

Herpes labiale:

●Spesso doloroso
●Di solito scompare in 7 – 10 giorni
●A volte associato a raffreddore o sintomi simil influenzali

Le Cause Della Malocclusione

Sono multifattoriali, cioè prevedono un insieme di fattori che contribuiscono in maniera sinergica a provocare il problema. Si ha spesso una componente ereditaria, soprattutto per le caratteristiche scheletriche facciali, ma i fattori ambientali: abitudini viziate (succhiamento del dito o uso del ciuccio oltre i 2 anni d’età, respirazione orale, interposizione della lingua durante la deglutizione, uso prolungato del biberon), o altre patologie (bruxismo, traumi, perdita di denti con alterazione della funzione masticatoria, tumori, etc.) sono i maggiori responsabili del problema.

Quali sono i sintomi della malocclusione?

La malocclusione può dare diversi sintomi, alcuni limitati al distretto orale o facciale altri possono coinvolgere la colonna vertebrale.

Vediamo quali sono i principali:

  • Difficoltà alla normale funzione masticatoria e fonetica;
  • Aumento del rischio di carie, parodontopatie e alterazioni a carico dell’articolazione temporomandibolare con: acufeni, vertigini o otalgie;
  • Asimmetria del viso;
  • Tendenza alla respirazione orale;
  • Ripercussioni alla colonna vertebrale, mal di schiena, cefalee da tensione muscolare, etc.

Malocclusione E Postura

È un campo un po’ controverso, ma è indubbia la correlazione tra l’occlusione e la postura grazie alle “catene cinematiche” ovvero ai vari fasci muscolari che collegano i vari distretti. Ad esempio, una contrattura ai muscoli nucali può portare ad una cefalea muscolo tensiva in regione temporale o frontale.

Una scorretta chiusura può portare ad una disfunzione cranio cervico mandibolare con le seguenti manifestazioni: mal di testa, acufeni, scorretta postura della colonna vertebrale, incoordinazione condilo meniscale all’articolazione temporomandibolare, presenza di click o lock, dolore, etc. Pertanto al fine di scongiurare tale evenienza è importante cercare di correggere il problema (macchina termoformatrice).

Malocclusione: Conseguenze

Non avere una corretta chiusura dei denti, come detto prima, può portare a diversi problemi, come già accennati.

Nel morso profondo la chiusura è molto serrata, i movimenti di lateralità durante la masticazione sono limitati, necessita di uno sblocco onde evitare problemi articolari o eccessivo traumatismo agli elementi dentari. La muscolatura masticatoria spesso si presenta ipertonica.

In presenza di morso aperto il danno non è solo funzionale ma anche estetico, in base all’entità dell’apertura anteriore, spesso è associato ad una contrattura dell’arcata superiore con relativo morso crociato. Si hanno problemi fonetici e la tendenza ad interporre la lingua durante la deglutizione che accentua il problema e ne complica la risoluzione.

Il Morso crociato o inverso è indice di un iposviluppo dell’arcata superiore, spesso presente nei respiratori orali o nei soggetti di terza classe scheletrica. Si ha una limitazione della funzione masticatoria e danno estetico, soprattutto nell’anteriore (Distillatore d’acqua).

Terapia Endodontica

L’endodonzia è la branca dell’odontoiatria che ha per oggetto i tessuti interni del dente, le patologie e i trattamenti correlati. Quando i tessuti che circondano la radice dentale si ammalano o si danneggiano a causa di carie profonde o traumi, il trattamento endodontico permette di salvare il dente.

Il trattamento endodontico è un intervento odontoiatrico ambulatoriale che trova ambito nei casi in cui la polpa dentaria è infiammata o infetta per un danno provocato da una carie profonda, dall’esito d’interventi sul dente, o da un trauma che ha provocato frattura o scheggiatura o incrinatura profonda.

Il trattamento endodontico o cura canalare o devitalizzazione consiste nella rimozione della polpa infiammata e infetta, presente all’interno del dente e per tutta la lunghezza delle radici, e nella sua sostituzione con un’otturazione permanente, previa detersione e sagomatura dei canali radicolari.

Il risultato di una corretta cura canalare è oltre alla rimozione dell’infezione, quello di garantire, dopo un’adeguata ricostruzione della corona, al dente di poter continuare a svolgere le stesse funzioni di un dente integro. La percentuale di successo di una cura canalare corretta è, in condizioni normali, elevatissima. La percentuale diminuisce nei casi di ritrattamento endodontico, quando cioè è necessario ripetere la procedura per un insuccesso precedente o a causa dell’insorgere di una nuova carie.

Nel nostro studio utilizziamo un microscopio operatorio Leica a tutela del buon esito delle cure canalari, per ridurre al minimo la possibilità di insuccesso e il ricorso ad un ritrattamento endodontico.

Si eseguono inoltre esami clinici diagnostici per valutare lo stato dei tessuti pulpari e periapicali.

Si eseguono tutte le terapie atte a salvaguardare il mantenimento nel cavo orale degli elementi dentari compromessi da patologia di origine pulpare. Elementi dentari affetti da patologia in sede periapicale, che presentino restauri protesici o perni cementati possono essere curati mediante interventi chirurgici di apicectomia, che consiste nel taglio della gengiva ed esposizione della parte apicale della radice al fine di essere detersa e sigillata per via retrograda (rilevatore apicale).

Denti in precedenza trattati endodonticamente ma con persistenza della patologia sono curati preferenzialmente per via ortograda o in alternativa per via chirurgica secondo i casi. Le terapie sono svolte con le più moderne tecniche conservative e minimamente invasive, avvalendosi di strumentari di precisione e materiali altamente biocompatibili.

Nel nostro studio utilizziamo un microscopio operatorio Leica a tutela del buon esito delle cure canalari, per ridurre al minimo la possibilità di insuccesso e il ricorso ad un ritrattamento endodontico.

Si eseguono inoltre esami clinici diagnostici per valutare lo stato dei tessuti pulpari e periapicali.

Si eseguono tutte le terapie atte a salvaguardare il mantenimento nel cavo orale degli elementi dentari compromessi da patologia di origine pulpare. Elementi dentari affetti da patologia in sede periapicale, che presentino restauri protesici o perni cementati possono essere curati mediante interventi chirurgici di apicectomia, che consiste nel taglio della gengiva ed esposizione della parte apicale della radice al fine di essere detersa e sigillata per via retrograda.

Denti in precedenza trattati endodonticamente ma con persistenza della patologia sono curati preferenzialmente per via ortograda o in alternativa per via chirurgica secondo i casi. Le terapie sono svolte con le più moderne tecniche conservative e minimamente invasive, avvalendosi di strumentari di precisione e materiali altamente biocompatibili (telecamera intraorale).