Non tutti gli odontoiatri hanno ancora compreso fino in fondo i vantaggi di questa tecnica che consente un corretto isolamento del campo operatorio: infatti, in Italia si utilizza ancora veramente poco e se si assume come parametro il consumo effettivo di fogli di diga l’utilizzo è di appena il 5% circa in rapporto al numero di prestazioni effettuate.
Per questo l’Associazione Italiana Odontoiatri (AIO), insieme al Comitato Italiano di Coordinamento CIC, Accademia Italiana di Conservativa AIC, Società Italiana di Endodonzia SIE, Accademia Italiana di Endodonzia AIE, e ANDI, ha partecipato nel 2015 al Progetto Diga, programma d’aggiornamento a livello nazionale promosso dal vicepresidente CIC Augusto Malentacca, endodontista, riproponendo il suo sforzo anche nel 2016.
La parola all’esperto
Tra i primi supporter della campagna è il past President AIO Giulio Del Mastro che ha dedicato molta della sua ricerca alla comunicazione professionista-paziente. Del Mastro ricorda che già le raccomandazioni ministeriali suggeriscono di effettuare tutte le procedure di trattamento endodontico “con tecniche asettiche e con adeguato isolamento del campo operatorio, al fine di prevenire la contaminazione salivare e batterica dell’elemento dentario in trattamento”.
Perché l’obbligatorietà? «Oltre ad abbattere i tempi di lavoro, la diga riduce i rischi di contaminazione microbica, evita al paziente l’ingestione di materiali e liquidi, migliora i risultati dei trattamenti.
«La diga è in pratica un telo di gomma molto sottile che l’operatore usa, in modo analogo ad un chirurgo durante un intervento, per delimitare e isolare la zona da trattare: ad esempio, in endodonzia per rimuovere in maniera asettica la polpa dentaria e non contaminare l’ambiente con i batteri presenti nella saliva o in conservativa per eliminare il tessuto cariato e poter ricostruire il dente in modo più agevole, sicuro e predicibile nella sua durata nel tempo.
Quando isolare è fondamentale?
«Paradossalmente –continua Del Mastro– le situazioni in cui più vistosi sono i vantaggi riguardano trattamenti complessi su elementi particolarmente compromessi. Per un trattamento endodontico è fondamentale mantenere incontaminato il canale radicolare da trattare: in alcuni casi, addirittura, è necessario pre-ricostruire il dente, rimuovendo la parte cariata e realizzando un’otturazione preliminare, proprio per poter posizionare la diga e portare a termine la terapia (Prodotti odontoiatrici).
Analogo discorso – in campo odontoiatrico quasi tutti i materiali non permettono di ottenere adesione se il settore in cui si lavora ha presenza di umidità – vale per gli interventi di conservativa al confine con la protesi: sempre più oggi si tende a realizzare restauri parziali, anche indiretti, utilizzando la maggior porzione possibile di dente naturale rimasto e realizzando quella che viene comunemente definita ‘odontoiatria mininvasiva’».
«Altri motivi di ordine pratico che rendono conveniente “isolare il campo” sono:
●l’aumento dell’ampiezza di apertura del cavo orale del paziente legata all’elasticità della gomma,
●la riduzione del rischio di trasmissione crociata delle infezioni paziente – operatore – personale ausiliario legata spesso alla nebulizzazione spray dell’acqua dalle turbine;
●meno frequente ma più pericoloso, è il rischio che il paziente aspiri gli strumenti che gli sono stati inseriti in bocca o li inghiottisca: eventi drammatici al loro verificarsi, rari ma possibili, che con la diga evitiamo».
E i pazienti?
I pazienti saranno contenti? «Un lieve disagio può essere costituito dal fatto che la bocca del paziente è parzialmente ostruita durante l’intervento e in qualche caso si deve respirare con il naso, ma in realtà quasi sempre viene isolata e coperta solo la zona dove si lavora e non ci sono problemi di alcun genere; si riducono invece nel complesso i tempi operativi e migliora il risultato nell’adesione dei restauri.
Solo particolari tipi di pazienti hanno delle controindicazioni relative: chi soffre di malattie ostruttive o infezioni acute delle vie respiratorie, epilessia o handicap neuromotori.
C’è poi una minoranza di persone che ha un’idiosincrasia psicologica verso la diga: peraltro l’esperienza insegna come questi pazienti siano difficili da gestire anche per altre tipologie d’intervento e il loro rifiuto non risulti quindi diga dipendente…»
Ma che fare nel loro caso? «Premetto, a me non è mai capitato un paziente che scappa per una diga. In particolare, ripeto, non si tratta di situazioni in cui si sente dolore. Quella irrisoria percentuale di pazienti “difficili” va in primo luogo convinta che non si tratta di qualcosa che fa male; in secondo luogo occorre sottolineare che la bocca è un contenitore di microbi “perfetto”, e ridurre al minimo il rischio di infezioni da intervento consente vantaggi tangibili, a fronte di un fastidio minimo. Il paziente su cui si pratica un intervento con diga evita che il dente sul quale il dentista opera sia contaminato con la saliva che è notoriamente vettore di germi di ogni tipo (Modelli denti).